I miei soliti flati nel doppo pranzo mi hanno assai incomodato. È una piccola malattia, ma penosa perché continova.
Bisogna che io confessi che ad onta delle fatiche che ho fatte per imparar qualche cosa, e delle cognizioni che ho apprese nella lettura di molti buoni libri, ancora non so se sia più felice di un ignorante agricoltore, o di una semplice villanella. So bene che l'ornar lo spirito di verità necessarie, e dilettevoli, sollevar l'anima alla bellezza della vera gloria, imparare a conoscere gli uomini tali quali sono facendoli vedere tali quali sono stati, e tali quali dovrebbero essere, renderci più umani, più generosi, più giusti illuminandoci sopra i nostri doveri, e sopra i legami dell'umanità, sono l'effetto dello studio quando è bene ordinato al dire degli autori dell'Enciclopedia all'articolo Étude; so che se noi fossimo affatto ignoranti averemmo un male di più, e non saremmo liberi da tutti quelli che ci tormentano; so che gli uomini culti, se fanno il male lo fanno meno crudamente de i selvatichi, e so mille altre cose di questo genere che riempiono le repliche fatte al discorso del celebre Rousseau contro le scienze, ma con tutto questo provo