Nel XVI secolo si credevano gli uomini esser grandi perché tessevano della prosa, e dei versi eleganti, perché indagavano i sensi di Aristotile, di Platone, e di certi altri cotali, perché nelle cattedre, e nelle accademie con sonori periodi parlavano del fato, dell'onore, della poesia ecc., perché incensandosi scambievolmente si facevano celebri. Ora pretendono anche più perché si sono volti a degli oggetti più utili, perché vanno indovinando i segreti della natura con molto fasto, perché ricadendo nel buio scolastico adoperano nuove voci, che sono significanti perché da loro create. M'hanno ragione di pavoneggiarsi? Lo diranno fra due, o tre secoli i nostri nipoti, i quali sapranno i nomi appena di una dodicesima parte di loro, che di fatto si sono inalzati.