Ho letta una memoria manoscritta trasmessa da Sua Santità a' ministri delle corti estere residenti in Roma sopra l'affare di Genova in cui si fa vedere come si sia diportata la Santa Sede nella risoluzione di mandare in Corsica il visitatore.
Dicesi che le sia stato risposto dalla Repubblica con una scrittura intitolata Fatto. Per me presto poca fede a' fogli che reciprocamente escono a nome de' sovrani nell'occasione de' loro impegni, perché tutti trovano penne abili a nascondere la verità, ed far trionfare anche il torto, come dal confronto che se ne faccia ben facilmente apparisce. Per questo gli storici debbono star bene all'erta nel fissare con tali carte il vero dei fatti che raccontano. Il più forte, che vi è nel presente scritto, stimo che sia il contenuto del trattato concluso da' genovesi con i còrsi sotto la protezione, e garanzia dell'Imperatore Carlo VI nel 1733, nel quale al capitolo 9 il Doge, governatori, e procuratori della Repubblica di Genova si esprimono "col detto fine" cioè di promuovere in Corsica i buoni costumi, la religione e la cristiana pietà: "Non lasceremo tampoco di cooperare