le felici combinazioni in cui s'incontrò, conobbe assai il mondo grande, ma non si contentò di esso né della figura che vi faceva. Sento però invidia nel leggere queste Memorie osservando quanti diletti potette provare il conte provvisto di beni di fortuna viaggiando con gusto, sfiorando le più belle cose, e gl'ingegni più rari, spaziando su vasti campi attorniato d'artisti, da letterati, e da grandi con i quali tutti poteva esercitare le sue riflessioni in mille modi osservando, meditando, studiando. Lontano sono dal disprezzare i meriti dell'Algarotti, dal non confessare che onorò molto l'Italia, e ch'ebbe molte virtù, molto talento, e molto genio, ma dico solo che il suo panegirico ha il difetto di tutt'i panegirici, di esser cioè accordato in tuono troppo alto, e di velare sotto oscura nebbia l'aspetto occulto del vero. Io non so chi le abbia composte,
ma l'autore era bene informato