di far l'erudito, ma io lo averei avuto in maggior concetto se non s'intrigava in cose secolaresche, se non voleva avanzare la sua fortuna, facendo la corte ad un francese di bassa condizione, che volle tentare appresso un piccolo principe quello che appena poteva riuscirgli in uno stato grande, e potente. Il marchese di Felino si serviva dei frati per scuotere il giogo di Roma, voleva esser dispotico sotto il figlio (il duca presente) com'era stato sotto il padre (don Filippo), ma non conosceva le circostanze del paese che governava, povero, piccolo, né del principe a cui serviva. Queste riflessioni mi sono venute scorrendo l'opera che Paciaudi pubblicò nel 1761 in due volumi in 4°, a Roma, col titolo Monumenta peloponnesia commentariis explicata, che sono marmi scritti singolarmente di casa Nani
di Venezia, opera piena di erudizione greca.