se non sia stranamente prevenuto per questo mio interno giudizio, talché non bisogna fidarsi troppo di noi, ma bisogna ascoltare gli altri, che con delle maggiori cognizioni, con dei lumi maggiori, con una più lunga esperienza possono instruirci. Questo interno moto spontaneo è forse una cosa stessa con quella che i moralisti chiamano coscienza, ma in questo caso la coscienza non è un'accusatrice sincera, ed illuminata delle nostre operazioni. Io dubiterei che il nostro carattere, ed i nostri pregiudizi fossero quelli che instigassero la prima scossa del nostro spirito, e che la debolezza, e disistima di noi servisse a dar campo al medesimo di ravvedersi, e di mutare le nostre prime apprensioni. Se così è, non siamo pertinaci nei nostri sentimenti, ma godiamo di ascoltare chi ci instruisce, e diffidiamo volentieri, e con docilità di noi medesimi.