ruvido, orgoglioso, virtuosamente solitario, si trattiene nel proprio nulla ad aspettare il suo fine, ed a ridersi degli altrui furori o fallaci o imprudenti. Ma egli sta inattivo, e la natura vuole la fatica. Sì appunto; l'unica pena di un filosofo che non voglia fingere per sfogare i malnati desideri del proprio cuore, mascherando le divise della virtù, sotto una falsa corteccia d'indole viziosa, è di non essere obbligato a qualche lavoro utile, o liberamente dispotico delle prorpie azioni da potersi impiegare come Newton, Locke, Bonnet, Montesquieu ecc. a speculare il bene, il dirozzamento, l'utile de' suoi simili in quel beato ritiro che la fortuna gli concede. Esser filosofi col bisogno alla gola che incalza è un essere sommamente infelici. Questa scienza è senza il suo corredo se non può esser professata nella sua vera situazione. Lo dica Rousseau,