sotto la di lei direzione il regolamento economico della casa, perché pensavo esser essa più adattata a ciò. I miei sforzi furono vani, e per debolezza della donna, e per mancanza di mezzi propri a far rientrare nel suo dovere il fratello, onde doppo più mesi lasciai in mano della Provvidenza l'esito, e le conseguenze delle sue irregolarità, e mi consolai pensando di aver con sincerità procurato quello che dovevo desiderare.
Nell'inverno del 1755 fui dal senatore Coppoli, in casa del quale ero ancora, richiesto di pagare gli alimenti a ragione di scudi 8 il mese, non tanto per il tempo futuro, quanto per il passato dal giorno che partendo dalla mia casa mi ero ricoverato presso di lui. Una tanto impensata proposizione, a cui non si era detto Coppoli dimostrato mai inclinato, mi disturbò assaissimo, ma col prolungare, col raccomandarmi, col mostrare di cedere, tirai tanto avanti la faccenda, che prima di dargli alcuna cosa del passato, il medesimo venne, come avevo preveduto, a morire.
Né io considerai ingiusta la domanda del Coppoli, a cui professavo, e professo infinite obbligazioni, quasi che io volessi essere dal tutore a carico suo mantenuto di abitazione, e di vitto,