o Martedì a dì 26 detto.
Ho letto il romanzo di Voltaire intitolato L'ottimismo, di cui ho parlato nel volume primo p. 186.
Egli è un libretto in 8° con questo titolo: Candide ou L'optimisme. Traduit de l'allemand de monsieur le docteur Ralph 1759 (credo stampa di Livorno). Non si può negare che vi sieno de' tratti graziosi, della vivacità, ed un critica fine di molti avvenimenti moderni esposti però con uno stile succinto, ed aspro, ma con dei frizzi, e con dei voli che fanno pensare. Per altro vi sono anche delle cose che annoiano un poco, ed una sì grande inverisimiglianza che un sensato lettore non potrà mai approvare. La conclusione del libro è giusta. Vi si dice per bocca di un Derviche che sopra le cose che accadono nel mondo bisogna tacere, e per bocca di un vecchio agricoltore che il travaglio allontana tre gran mali: la noia, il vizio, ed il bisogno. È sensata la critica che nel cap. 25 vi si fa di Omero, di Virgilio, di Orazio, di Cicerone, di Milton ecc.; rispetto a Cicerone si fa dire che, giacché nelle sue opere filosofiche