che gli replica: "Domine, te filium Imperatoris esse credo, proba te esse utrimque nobilem", ove finalmente il figlio di un sultano, o di un sofì di Persia se si facesse cattolico non potrebbe sperare di ottenere tali dignità, quantunque Voltaire nel suo Candido abbia messo in ridicolo ciò. Io non sono plebeo, ma mi diverto della vana alterigia dei nobili che non hanno altro titolo, né altro patrimonio che la loro nascita, e mi pare che quando non giova, come in Germania, sia un peso che incomoda, e per non smentire le speranze altrui, che vogliono esigere azioni, e sentimenti conformi al rango, e per non doverla far vergognare ricoperta di poveri strami.
Tempo bastantemente chiaro, e tiepido.