V 27
fatta impestare, e rodere da un canchero la faccia, ch'era bella, e ad un'altra ben nota in Toscana, un trionfo nello stato presente delle cose nostre.
Un patetico trattenimento con la mia figlia a pranzo mi lacera il cuore. Il mio egoismo non vuole punto sinceramente il sacrifizio del suo, ma mi fa ben sentire, che la mia esistenza averebbe bisogno di mancare sul momento per non soffrire in progresso scosse ripetute, enormi, pungenti, che mi lacerano il cuore più dell'avvoltoio di Prometeo. Compiango me, e questa troppo sensibile creatura, onde mi dipingo