Fabbriche antiche. Tutta la terra mostra delle fabbriche, o degli avanzi loro che sono tanto più maravigliosi, quanto più si scostano dalla memoria istorica. Le piramidi, ed altri monumenti dell'Egitto, le gran pagode indiane scavate nel vivo sasso, le rovine etrusche, e greche, quelle di Persepoli, quelle che si sono scoperte al Messico, ed al Perù, la gran maraviglia della China, le cloache di Roma, le moschee degli arabi nella Spagna ecc. ecc. ecc. sono tutte fabbriche stupende delle quali ora niuna nazione forse saprebbe farne delle simili. E come dunque s'inalzarono in secoli nei quali la cultura era tanto minore, la meccanica più rozza, tutte le arti nell'infanzia? È ben difficile l'indovinarlo. Supponfono tutte essere state inalzate da gran popolazioni già dirozzate, con impiego di moltissime braccia, e di moltissimo tempo, e con metodi affatto sconosciuti. Suppongono che la potenza dei governi fosse più energica, la massa del popolo schiavo, la forza della superstizione assai grande. Noi ci vantiamo delle fortezze, gli antichi pensavano ai monumenti del loro culto, ed avevano un vigore, una robustezza fisica, e morale, che a noi manca. Il lusso privato dovette esser niente, e tutto volto alle cose pubbliche; ora consuma le nostre ricchezze stritolandole di momento in momento. Convincono poi dette fabbriche che la civilizzazione è molto vecchia più di quello, che si crede, giacché quando non sia bene organizzata non vi è modo di volger le braccia degli uomini a fatiche sì penose quali esse richiesero. Certo che noi abbiamo delle spese, ch'gli antichi non ebbero, forse più ci costane le guerre, le navigazioni, gli sfoggi dei privati. In somma queste tracce della passata grandezza devono mortificare il nostro orgoglio, e devono far stupire il filosofo.