nel 1782 bello, ed occupato, ma con della calma; nel 1783 rigido, e piacevole; nel 1784 turbato, ed umido con certe riflessioni sopra di me, da potersi ripetere ogni anno giustamente, ma vere; nel 1785 fosco, e rigido con inette curiosità; e 1786 turbato, fosco, e molta pioggia, mediocremente contento di me.
Qual è il resultato di tutto ciò? Un gran consumo di quel tempo, che gli antichi chiamavano "intempesta nox" (Censorinus de die natali cap. 10) per meditare me medesimo inutilmente e per sapere quello, che non fui, né sono, ma quello che sarei dovuto essere. Ma il vecchio, dice Aristotile, vive di memoria. Intanto "Dum licet, in rebus jucundis vive beatus, / Vive memor quam sis aevi brevis". E lontano dalle grandezze "Me silva, cavusque / Tutus ab insidiis tenui solabitur ervo". Ma oggi non servono questi propositi. Il mio spirito è oppresso.