ø A dì 31 detto sabato.
Tempo coperto, e un poco piovoso.
Sovente rientro in me stesso, e guardo addietro mirando fra la folta nebbia del passato gli avvenimenti di un mezzo secolo singolari, e strani quanto quelli anteriori.
Vedo tanti che sono morti prima di me felici, e disgraziati, buoni, e cattivi, molti dei quali hanno lasciato un qualche nome di cui non so che ora godano. Questa scuola, questa esperienza mi ha raffreddato, ma non intieramente o come vorrei. La mia coscienza mi rimprovera delle follie, non dei delitti. Questa coscienza atterrita nella puerizia dalle divine minacce teme, e assicurata poi dalle proprie riflessioni sulla divina bontà spera ancora a vicenda. Ho scorsa la mia carriera innocentemente, oscuramente, e con poca fortuna m'anche una fortuna non mi farebbe esistere, né partire più contento. Quelli che mi circondano mi coprono il loro interno, ma mi lasciano travedere assai che sono scontenti quanto me, che di me non sono più savi, che... Tetre riflessioni, egualmente che inutili!