veduto che nel mondo si commettono infinite ingiustizie da coloro che hanno il deposito delle leggi, che queste leggi tacciono alle grida dei prepotenti, anche dove i prepotenti possono il meno, che la finezza guida gli affari, che certi ministri... In somma io vedevo che un uomo onesto non può fare il bene quando, e come vuole, ed in questo caso egli è meglio vivere a canto ai marmi, e con le medaglie. Non si crederà che questo sia altro che sfogo di misantropia, ma potrei annoverare i casi nei quali mi sono trovato presente a vedere che la rigida giustizia è stata dimenticata, e che con una pagliata equità si è voluto coprire l'arbitrio. Non vi sono che le leggi che sieno giuste, e quando i magistrati, o i ministri si allontanano da esse, vi è sempre chi resta leso. L'esercizio dell'equità è solo in mano del principe, e da lui medesimo deve essere distribuita con circospezione, perché non si rilassino i costumi, ed una generale depravazione non si copra col manto di cinica filosofia.